Milano è una città che è tante in una. È come una di quelle persone che ti sorprendono non appena ti sembra di averle conosciute. Milano è una città in cui tutto sembra dissolversi non appena è cominciato, ma poi ti accorgi che qualcosa è rimasto e ha attecchito.
E Milano non è una città che fa pensare alla povertà educativa: quasi il 33% delle bambine e dei bambini frequenta il nido e il 70% la scuola dell’infanzia, ci sono diverse università e gli studenti addirittura si spostano per poterle frequentare, i servizi, a loro ritmo, funzionano e i mezzi di trasporto, sempre a loro ritmo, viaggiano.
Nella capitale economica del nostro Paese, “povertà” sembra una parola che viene appena sussurrata.
Eppure, anche a Milano, la povertà c’è.
“È importante avere un’attenzione sulla povertà a 360 gradi, non solo a Milano chiaramente” racconta Laura Anzideo – project manager area Servizi alla Persona di Fondazione Cariplo.
QuBì – La ricetta contro la povertà infantile
“Il Programma QuBì- La ricetta contro la povertà infantile, è partito proprio da questo principio, da questo andare a vedere i dati per capire dov’è la povertà a Milano e fotografarla, stimare quanto è diffusa, quali sono le sue sfumature, chi sono i poveri e, soprattutto, quanti di loro sono i minori.
Per poi rispondere tramite azioni e interventi concreti, come città, come fondazioni e terzo settore, come Comune e istituzioni. Con l’obiettivo finale di riguardare quella fotografia iniziale per ritrovare segnali di miglioramento e capire se stiamo riuscendo a portare fuori dalla povertà una percentuale di famiglie”.
Milano è una città che ama farsi fotografare e che restituisce le sue sfumature. E la prima sfumatura di povertà che ha restituito a Fondazione Cariplo è fatta di gusti (pochi) e alimenti (sempre pochi).
Il Programma QuBì ha mosso i primi passi “di risposta” con degli interventi di contrasto alla povertà alimentare, e ha attivato, prima degli Empori della Solidarietà, gestiti da Caritas Ambrosiana e, grazie alla collaborazione con l’Ufficio Food Policy del Comune di Milano, ha sostenuto degli hub di raccolta e distribuzione dello spreco alimentare, il primo dei quali nato in via Borsieri e gestito dal Banco Alimentare della Lombardia.
“Tramite il lavoro con QuBì abbiamo capito che nel momento in cui si parla di povertà minorile è fondamentale collaborare con i centri di distribuzione cibo delle parrocchie, perché è lì che si vede come e cosa mangiano adulti e bambini e soprattutto come possiamo migliorare la qualità del cibo che ricevono. Infatti, il pacco alimentare è solitamente posizionato su scatolame: pasta, riso, tonno, pelati. Il cosiddetto “fresco” ossia frutta, verdura, latticini non c’è, sia perché lavorare con il fresco necessita competenze specifiche, sia perché non c’è la forza della Grande Distribuzione.
E se nel pacco alimentare il fresco non c’è, significa che difficilmente entra nella dieta delle famiglie”.
Come fare per ampliare questa necessità e per “portare a tavola” anche altri alimenti e gusti, essenziali per le bambine e i bambini, per le ragazze e i ragazzi e anche per i loro familiari?
Fortunatamente, una delle (buone) eredità che Expo2015 ha lasciato alla città di Milano è stata una Food Policy, ossia una politica pubblica relativa al cibo per rendere più sostenibile il sistema alimentare milanese, promossa sempre da Fondazione Cariplo in alleanza con il Comune di Milano.
E Milano è anche e purtroppo una città che spreca. Nel suo avere tanti volti, nel suo essere veloce, rapida e quasi evanescente è anche una città di eccesso.
Gli hub di raccolta e redistribuzione cibo
L’ufficio di Milano Food Policy ha iniziato così a lavorare molto sullo spreco e gestire lo spreco ha significato poter redistribuire frutta, verdura e latticini e collaborare sia con la GDO sia con il negozio di comunità, e avere così non solo l’opportunità di rinforzare gli aiuti alimentari con il fresco ma anche di costruire una rete a supporto di questa azione. Che si tratti di grande distribuzione o di negozio di quartiere, davanti al cibo e davanti allo spreco, siamo tutti ugualmente in difetto.
“Grazie a questa alleanza, insieme a Food Policy, abbiamo sperimentato gli hub di raccolta e redistribuzione cibo, in collaborazione con Banco Alimentare” continua Laura Anzideo, “per cui sebbene i primi siano stati finanziati da QuBì, ne stanno nascendo altri finanziati dall’amministrazione pubblica, l’ultimo, Solidando Hub, inaugurato proprio a settembre in zona 1 presso la sede IBVA”.
E dopo queste prime azioni, la fotografia che la città di Milano restituisce ha sfumature diverse, piano piano qualcosa fra le sue vie, le sue case, le sue persone inizia a cambiare.
E infatti, questo progetto ha permesso alla città di Milano di vincere l’Earthshot Prize, l’iniziativa voluta dal principe William che ogni anno premia le migliori soluzioni alla crisi climatica, nella categoria “costruire un mondo senza rifiuti”.
Premi e riconoscimenti non sono che un punto di partenza: sono un occhio di bue che punta la luce solo su quello che abbiamo fatto bene, e che allo stesso tempo lascia in ombra quello che non abbiamo fatto, abbiamo fatto male o poco. Vincere un premio fa guardare ciò che è illuminato e cioè il passato e il perché tu hai vinto quel premio o ottenuto quel riconoscimento. Ma fa e deve far guardare anche avanti, verso le cose da fare e gli altri traguardi da raggiungere, verso l’ombra dell’occhio di bue.
Povertà alimentare e povertà educativa: quando la sfumatura si confonde
“La povertà che parte dal pacco alimentare, e quindi la povertà alimentare, è una povertà che si porta dietro tutte le altre gradazioni di grigio di povertà, come la povertà educativa, la povertà sanitaria, la povertà di opportunità” approfondisce Laura “e difficilmente un bambino che in famiglia mangia con un pacco alimentare ha una bella libreria piena di storie. Più facilmente, un bambino che magari non ha dei libri in casa, riesce comunque a mangiare”.
L’alimentare è stato il primo “occhio di bue” per iniziare a conoscere e contrastare le altre ombre di povertà del milanese, ed è a questo punto che alla “Ricetta QuBì” sono serviti più ingredienti per contrastare le altre gradazioni di povertà.
A oggi QuBì ha all’attivo 23 reti che coprono 25 quartieri della città di Milano, reti che diventano metaforicamente una rete di sostegno alle famiglie e che hanno avvicinato pubblico e privato sociale, fino a portare a una complementarietà di azioni, a essere molto più efficaci sia nel dare sostegno sia in ottica di prevenzione.
E in una di queste reti, nel quartiere di Stadera, ci siamo anche noi, con la nostra sede e il nostro Villaggio per Crescere e piano piano, illuminiamo ciò che abbiamo attorno.
Ogni rete QuBì è composta infatti da una ventina di associazioni molto eterogenee, si va dalla parrocchia al comitato genitori di una scuola, alle cooperative del territorio, alle biblioteche ai consultori, che quotidianamente collaborano e co-progettano con l’assistente sociale di comunità, costruendo e attivando un altro pezzo di policy pubblica a sostegno dell’infanzia e delle famiglie.
Così quel bambino “che magari non ha dei libri in casa ma riesce comunque a mangiare” potrà incontrare la biblioteca di quartiere e portare a casa con sé anche i libri che vorrà leggere o farsi leggere e iniziare così, a sognare un po’, come è successo durante il lockdown, proprio a Stadera, dove grazie alla Biblioteca Chiesa Rossa, è stato possibile inserire nei pacchi alimentari anche libri e storie.
Parleremo ancora del Programma QuBì con Elena Abbatiello sabato 12 novembre a “Tutti giù per Terra! La cura della Terra come scelta essenziale di una comunità che educa” l’ottava edizione del nostro Festival Fin da Piccoli.