I padri sono cambiati. Non tutti, certo. Ma la società se n’è accorta?
Ha capito che il coinvolgimento precoce dei padri nella cura dei figli e delle figlie non è solo un fatto privato che riguarda le singole famiglie? Che può essere una delle strade per raggiungere la parità di genere e prevenire la violenza contro le donne, ma anche per aiutare gli uomini a vivere la propria maschilità in maniera non tossica?
Ne abbiamo parlato martedì 27 maggio al Circolo della Stampa di Trieste nell’ambito di un evento promosso dall’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia, che abbiamo contribuito ad organizzare.
Il nostro presidente Giorgio Tamburlini ha evidenziato i molteplici e sinergici benefici del coinvolgimento paterno precoce sui bambini e le bambine, sulle madri, sulla coppia, sui padri stessi, ricordando che già nel 1693 il filosofo John Locke nei “Pensieri sull’educazione” auspicava una relazione padre-figlio improntata all’intimità e alla tenerezza.
Annina Lubbock ha fotografato la situazione italiana relativa ai congedi di paternità, obbligatori e non, sottolineando che sia madri che padri italiani vorrebbero congedi più lunghi e meglio pagati per i padri e pensano che i congedi di maternità e paternità dovrebbero avere uguale durata, mentre Mara Piasentin ha raccontato cosa fanno le aziende per favorire il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici che sono genitori.
In un incontro rivolto a giornaliste e giornalisti non poteva mancare una riflessione sul linguaggio, condotta da Eva Benelli, nella convinzione che non si tratta di una moda, ma risponde a una esigenza di riconoscimento, di visibilità, di partecipazione, di presa in carico di bisogni specifici e, quindi, anche di salute.
Interessante lo scambio che ne è seguito con le partecipanti, tutte donne: anche questo è un elemento che dovrebbe farci riflettere, confidando che questo sia solo il primo di una serie di dibattiti su un tema così poco esplorato nel dibattito pubblico.