Violenza assistita: bambini e bambine invisibili

La violenza domestica dalla loro prospettiva

di Maria Grazia Apollonio [psicologa e psicoterapeuta, consulente del Centro antiviolenza GOAP di Trieste]

«Il bambino è coinvolto nel conflitto tra genitori.» «Ha picchiato la moglie ma non ha mai toccato i figli.» «Il bambino ha solo assistito, ma non ha subito alcuna violenza.» «I bambini hanno bisogno di entrambi i genitori.» «I bambini non hanno visto perché erano altrove.» Quante volte abbiamo letto, sentito pronunciare o noi stessi pensato frasi come queste?

È a causa di questi pregiudizi che i bambini e le bambine coinvolti nelle situazioni di violenza domestica troppe volte rimangono invisibili, inascoltati e privi della dovuta tutela.

Eppure il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (C.I.S.M.A.I.) dice chiaramente che i bambini e le bambine sono vittime di violenza anche quando non sono fisicamente presenti ma percepiscono la tensione e i maltrattamenti avvenuti in casa. La letteratura e le linee guida chiariscono che questi bambini riportano gli stessi esiti post-traumatici di coloro che subiscono un maltrattamento diretto: la violenza assistita non fa meno male. Produce ansia, paura, depressione, senso di colpa e vergogna, uno stato costante di iper-allerta perché in qualunque momento può scatenarsi la violenza. Può determinare uno stato di iper-acquiescenza difensiva o anche comportamenti aggressivi. Tutto il loro benessere psico-fisico può venir compromesso.

Non si tratta di un fenomeno residuale: l’ultimo rapporto Terre des Hommes – CISMAI riporta che la violenza assistita è la seconda forma più diffusa di maltrattamento. L’ISTAT ci dice che ben il 65% degli episodi di violenza sulle donne da parte del partner avvengono alla presenza diretta dei figli minorenni.

La Convenzione di Istanbul (legge dello Stato italiano) e la cd. Riforma Cartabia impongono di tenere conto della violenza, anche indiretta e assistita, nella determinazione dei rapporti genitoriali, riconoscendo l’incompetenza e la possibile pericolosità nel rapporto con i figli del genitore che agisce violenza contro l’altro.

A livello di linee guida e di norme disponiamo di tutto il necessario per riconoscere la gravità della violenza assistita e per tutelare i bambini e le bambine coinvolte. Eppure troppo spesso accade che i bambini non vengano ascoltati, le loro paure vengano minimizzate o vengano obbligati a frequentare un genitore che temono. Tutto ciò ha esiti peggiorativi sul loro benessere, li espone a reiterati maltrattamenti e li fa sentire non tutelati dal mondo adulto.

Celeste, 12 anni, rende in modo molto efficace questi vissuti: «Ho visto tante volte papà picchiare la mamma… a cosa serve raccontare se poi non ti ascoltano?». Celeste fa fatica a dormire la notte, a concentrarsi a scuola, è spesso triste e tende sempre di più a isolarsi socialmente.

A ragazzine come Celeste e a tutti i bambini e le bambine vittime di violenza assistita abbiamo il dovere di offrire un ascolto reale e rispettoso, superando il mito della bigenitorialità lesiva. Abbiamo il dovere di offrire loro la tutela prevista dalla normativa e rispondente ai loro bisogni. Abbiamo il dovere di essere comunità accudente.

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