Un articolo del New York Times racconta di Elizabeth Warren, senatrice dello stato del Massachusetts e del suo ambizioso piano “Universal Child Care and Early Learning Act” in cui propone di creare una rete di centri finanziati dal governo per sostenere e garantire l’educazione precoce di bambine e bambini in condizioni di fragilità.
Già qualche anno fa, Ursula von der Leyen, l’allora Ministro della Famiglia in Germania, propose una politica familiare basata sullo sviluppo degli asili nido, per permettere alle donne tedesche di conciliare la vita lavorativa e il loro ruolo di madri.
Se il miglior investimento che un Paese può fare quindi è quello nell’infanzia e nella sua “educazione precoce” questo vale anche per l’Italia. I benefici, dimostrati da una vastissima letteratura, sono molti a livello di salute, sia fisica sia mentale e di costruzione delle competenze cognitive preparatorie alla scuola, con una conseguente riduzione anche della dispersione scolastica.
L’obiettivo da porsi è quello di garantire l’accesso a un nido di qualità a tutti i bambini, senza quindi necessità di liste e di esclusioni tanto più odiose quanto a danno di chi ne avrebbe più bisogno. L’offerta attuale media in Italia è del 20 % con grandi differenze tra nord e sud. Si tratterebbe di un grande impegno della collettività nazionale da finanziare ricorrendo a una tassa sui patrimoni più rilevanti, una tassa di scopo che forse, proprio perché finalizzata al benessere dei bambini e al loro sviluppo, sarebbe più facile proporre e pagare. Oltre al beneficio sui bambini, si otterrebbe di aprire decine di migliaia di posti di lavoro con benefici per tutte le comunità e soprattutto di quelle ora più povere di servizi.Potremmo così dire che tutti contribuiremo al futuro di tutti, ben consapevoli della risposta alla fatidica domanda “ma dove andranno a finire i soldi delle tasse?” Sarebbero lì da vedere: nelle opportunità per le bambine e i bambini, in quell’infanzia che è di tutti, così come il futuro.